Cento curriculum spediti prima di andare a dormire
24 Giu 2013 - Articoli
Che attualmente il mercato del lavoro sia complesso e che sempre più persone siano alla ricerca di una occupazione non avete certo bisogno di venirlo a leggere qui.
Vorrei invece scrivere di una considerazione che mi è capitato di fare qualche giorno fa, proprio a seguito di un intervento formativo sull’orientamento: gli strumenti “classici” non bastano più.
Attenzione, non sto assolutamente dicendo che per cercare lavoro non servano curriculum vitae, lettera di presentazione, una discreta conoscenza e capacità di utilizzo dei vari siti che pubblicano offerte…
E non sostengo nemmeno che tutta l’attenzione debba spostarsi su strumenti “nuovi” quali il personal branding e la capacità di sviluppare il proprio network professionale e personale…
Dico proprio che tutti questi strumenti non bastano più: per quanto indispensabili, presi singolarmente non porteranno a raggiungere il risultato sperato, una nuova occupazione.
E’ cambiato il mercato del lavoro, sono cambiate le tipologie di candidati, deve necessariamente cambiare anche l’approccio all’orientamento lavorativo.
Oggi, una buona parte delle persone che cercano lavoro non lo hanno mai fatto prima in modo “formalizzato”. Le esperienze precedenti non possono aiutarli, e la percezione che hanno del compito che li aspetta è tutt’altro che rosea.
Possiamo fornire loro tutti gli strumenti del caso, raffinarli e svilupparne di nuovi: semplicemente, non sarà sufficiente.
Quando faccio orientamento, incontro le più varie tipologie di persone. Fra loro, moltissimi hanno ottime risorse da mettere in gioco, e sicuramente qualunque meccanica di ricerca io possa andare a spiegare verrà recepita e applicata, magari anche personalizzata e migliorata.
Cos’è che non funziona, allora?
Vi rimando al titolo di questo post. Il classico “ho spedito tantissimi c.v., ma nessuno mi ha mai risposto” è oggi sempre più vero.
Certo, si può lavorare sulla personalizzazione delle singole candidature, sulle modalità di approccio, sullo sviluppo del network: ma per fare tutto questo abbiamo bisogno prima di tutto di un altro elemento, di una “base solida” su cui costruire.
E questa “base” deve essere il supporto al candidato. La cura della persona.
Per quante utili indicazioni per la valorizzazione del proprio profilo si possano fornire, per quante simulazioni di colloquio di lavoro si possano fare, non avremo mai il potere di far risultare “vincente” un candidato demoralizzato che è il primo a “non crederci”.
In che modo?
Sappiamo che chi cerca lavoro adesso lo farà un po’ più a lungo di quanto lo avrebbe fatto qualche anno fa. Avrà anche maggiori frustrazioni di quelle che avrebbe avuto qualche anno fa.
Possiamo anche “perderci” nell’infinita frammentazione di comportamenti e atteggiamenti (sapendo bene che in un mercato con grande offerta di candidati, le competenze tecniche conteranno sempre di meno e quelle trasversali sempre di più) alla ricerca della ricetta “magica”, dell’impostazione perfetta per ogni candidato.
Francamente, temo proprio che non esista.
Credo invece che solo un supporto reale alla ricerca, centrato non solo sugli aspetti “pratici” della stessa ma anche e soprattutto su quelli “psicologici” (e specifico che personalmente non faccio questa distinzione) potranno essere realmente di aiuto ai candidati.
Altrimenti, potremo continuare ad insegnare “tecniche” assolutamente efficaci se ben implementate… salvo per chi ha perso la fiducia nelle proprie capacità, e nelle proprie risorse.
Tag: candidati, curriculum, orientamento