“Sai che mi hanno chiesto?” [piccola guida alle domande tipiche di un colloquio di lavoro, comprese quelle di dubbio gusto]

27 Set 2013 - Articoli

Dopo il post della scorsa settimana dedicato al colloquio, era inevitabile un piccolo approfondimento dedicato alle domande possibili (e impossibili).

Le trovate commentate di seguito:

“Mi vuol presentare il suo curriculum?”

Classica domanda “aperta”, sempre valida per cominciare. In questo caso è compito specifico del candidato presentarsi al meglio, offrendo un quadro coerente ed interessante delle proprie esperienze. Consigliato prepararsi una presentazione “generalista” buona nella maggior parte dei casi, da ripetere a piacere. In ogni caso, tenete d’occhio anche il tempo: la migliore presentazione è quella interessante, ma anche ragionevolmente breve.

“Vedo che non ha molte esperienze precedenti in questo settore… Come mai si candida per questo lavoro?”

Ad un primo impatto, questa domanda può sembrare incoerente. “Se pensi che non sia in grado di svolgere il lavoro, perchè mi hai chiamato a colloquio?” In realtà, il recruiter può aver notato delle differenze fra il profilo “ideale” e quello del candidato: non significa che l’intervista è già finita, ma sicuramente vorrà una spiegazione dal candidato che risulti chiara e plausibile. In ogni caso è sempre consigliabile non negare direttamente l’affermazione (con il solo risultato di andare in “scontro”), ma piuttosto spiegare chiaramente le affinità del proprio profilo con le mansioni proposte.

“Cosa sa già di questo lavoro?”

Domanda simile alla precedente, insidie diverse. In generale, preferibile il candidato che “sa” poco, se quel poco è chiaro, coerente e supportato da passate esperienze anche non lavorative. Se volete fare bella figura, cercate di restare nell’ambito del plausibile. Sconsigliabile lasciare briglia sciolta all’immaginazione: il recruiter potrebbe davvero essere esperto di quella tipologia di profili.

 “Quali immagina che saranno i suoi primi compiti?”

Risposta non facile da dare, dato che spesso il candidato può sapere poco della posizione e delle specifiche responsabilità previste in quel contesto lavorativo. Il consiglio è quello di giocare “sul sicuro”, rispondendo con quei compiti che sicuramente saranno previsti dal lavoro e lasciandosi spazio per un periodo di “familiarizzazione”. Una fiducia eccessiva nelle proprie capacità può risultare dannosa: nessuno assume il “Signor Sotutto”.

“Come mai la sua precedente esperienza di lavoro è terminata?”

In realtà in questo caso all’intervistatore non interessa il “perchè”, ma il “come”. Sconsigliabile mostrarsi particolarmente amareggiati o critici nei confronti del precedente datore di lavoro. Sicuramente sarà andata come dite voi, e avete ragione al 100%… ma al recruiter potrebbe venire il dubbio di trovarsi di fronte a qualcuno di particolarmente puntiglioso e “rigido”.

colloqui_interessi

“Quali sono i suoi punti forti/deboli?”

Un grande classico, disponibile anche nella variante “Mi dica X suoi punti forti/deboli”. Tutti abbiamo pregi e difetti, inutile negarlo: mentre per i primi è più facile (anche se vi invito alla moderazione), consiglio per i secondi di partire dal dato reale e “confezionare” una variante accettabile e non troppo compromettente. Consigliata la stesura di una lista abbastanza dettagliata: non potete mai sapere quando incontrerete il recruiter con molto tempo a disposizione che vi chiederà “i vostri 7 punti deboli”**.

“Perché si candida con la nostra azienda?”

Sfatiamo un mito: la risposta “perchè mi serve un lavoro” non fa ridere, nè dimostra arguzia. In questo caso il recruiter vuole capire se il candidato ha preso qualche informazione prima di presentarsi per il colloquio. Anche una semplice visita al sito web aziendale può essere sufficiente: l’importante è che non passi il messaggio “non lo so”. A nessuno piace ricevere posta generica, indirizzata al “gentile residente”: vale anche per le candidature.

“Dove si vede tra X anni?”

(Domanda gettonatissima nelle serie dispari “3 – 5 – 7 anni”. Da candidato, nessuno mi ha mai chiesto dove mi vedessi tra due o quattro anni. Si vede che non interessa.)

Altro grande classico. L’attuale congiuntura economica l’ha resa un poco obsoleta, ma va ancora fortissimo. In generale è pensata per “sondare” le capacità progettuali e le ambizioni del candidato. Può essere anche un valido riscontro sul funzionamento del suo senso di realtà. Sfatando un altro mito, le risposte “al posto del suo capo”** oppure “ai Caraibi, ricco sfondato”** non sono divertentissime. Una risposta plausibile è solitamente tutto quel che serve a superare lo scoglio.

“Vedo che nel suo c.v. c’è un periodo vuoto… Cosa ha fatto?”

Altra domanda abbastanza passata di moda. Mai come in questo periodo è possibile imbattersi in profili molto validi che hanno attraversato periodi di disoccupazione del tutto indipendenti dalla loro volontà. Però avranno comunque occupato il tempo in qualche modo: dedicandosi alla formazione? sviluppando il proprio network di contatti? esplorando possibilità lavorative in settori molto diversi da quello di origine? Rispondere con la schietta verità non è mai un problema. Se è interessante è meglio.

“Lei si ammala spesso?” “Come mai non è ancora sposato, alla sua età?” “Perchè non segue il calcio?”**

Vedo già le vostre sopracciglia che si alzano in segno di stupore. La domanda inadeguata, sbagliata o lesiva della privacy può capitare. Sappiamo tutti che non dovrebbe, ma una volta che è stata fatta, rispondere con “Si faccia i fatti suoi” o con un più formale “Scusi, può spiegarmi come la mia risposta influenzerà il processo di selezione?” non è la strategia che consiglierei. Rispondete poco, siate vaghi ma rispondete. Anche: se queste “perle” occupano gran parte del colloquio, cominciate a riconsiderare la vostra candidatura.

…e con questo abbiamo concluso. Non ho affrontato il tema delle domande “strane” (spesso connesse ad improbabili quesiti matematici) perchè ne avevo già parlato qui.

Ora, non mi resta che augurarvi “in bocca al lupo!” per il vostro prossimo colloquio!

Nota: i “**” indicano non solo situazioni reali, ma sperimentate in prima persona.

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