Scegliere i candidati sui social? Facebook non funziona (e ora ci sono le prove)

21 Gen 2014 - Articoli

Il tema dell’utilizzo di Facebook per il social recruiting è stato dibattuto a lungo fra recruiter favorevoli (interessati alla possibilità di poter dare una “sbirciata” alle abitudini dei candidati per effettuare una selezione migliore) e contrari (dubbiosi sulla reale utilità dell’analisi del profilo del candidato su di un social dedicato principalmente alla vita privata).

Alla fine qualcuno ha deciso di indagare più approfonditamente la cosa.

E si è scoperto che…

“La correlazione fra le previsioni fatte sulla base dell’analisi dei profili e la reale performace dei candidati è pari a zero”

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Prima di tutto, il link al riassunto della ricerca da cui è tratto questo post (nella pagina che si apretrovate anche la versione completa in formato .pdf)

Poi alcune note metodologiche: i ricercatori che hanno realizzato lo studio hanno coinvolto circa 400 studenti di college alla ricerca del primo impiego. Ad ognuno veniva richiesto di compilare alcuni dei test classicamente utilizzati in fase di selezione, oltre alla possibilità di “fotografare” il proprio profilo Facebook (status, bacheca, immagini…)

Trascorso un anno, i ragazzi sono stati ricontattati: a quelli che avevano trovato impiego è stato chiesto di fornire i dati di contatto del loro responsabile. Ai responsabili è stato inviato un questionario di valutazione della performance dei propri dipendenti.

Contemporaneamente ad 86 recruiter coinvolti nello studio (con esperienza media di circa 6 anni) sono stati presentati i profili Facebook ottenuti dai partecipanti, chiedendo a ciascuno di valutare l’opportunità di assumere quei candidati (e di prevedere la loro eventuale performance) unicamente sulla base di quei dati.

Risultati

I profili Facebook non si sono dimostrati utili (correlazione praticamente nulla) a prevedere né le performance né le possibilità di turnover dei candidati. Non hanno fornito ai recruiter nemmeno indicazioni utili rispetto a quanto emerso dai test di personalità (quindi a quanto pare Facebook non può essere utilizzato al posto dei test)

Insomma, l’analisi del profilo Facebook dei candidati non serve a niente.

Anzi… 

In realtà, le scelte dei recruiter che hanno avuto modo di visionare unicamente i profili sono state sostanzialmente influenzate da una serie di bias, primi fra tutti quelli di genere (ampiamente preferite le donne, percepite dai profili sul social network come più socievoli) e di razza (ampiamente preferiti i candidati bianchi).

Altri bias che hanno “pesato” nelle decisioni sono stati quelli collegati all’orientamento sessuale, religioso e politico: dati sensibili che la legislazione americana vieta di utilizzare come discriminanti nella selezione del personale, ma che sono facilmente reperibili su di un profilo Facebook. E che una volta acquisiti, hanno fatalmente guidato le scelte dei selezionatori.

Sotto questo aspetto, la legislazione italiana è molto meno rigida. Ma l’impatto degli stereotipi e dei pregiudizi sulle capacità dei recruiter rimane.

Quindi, Facebook difficilmente aiuterà i recruiter nel loro lavoro. Ma è così sorprendente, dato che si tratta di uno “strumento” nato per finalità completamente diverse?

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5 Risposte

  1. Claudio Gasparri ha detto:

    Anche se in questo caso il risultato era intuibile, sono sempre favorevole alla diffusione di ricerche che possano far chiarezza su temi “dibattuti”.

    Premesso che sono concorde sull’inutilità di FB nella selezione, a voler fare l’avvocato del diavolo, si potrebbe notare che nella metodologia è stato chiesto ai recruiter di valutare unicamente sulla base dei profili.

    Poteva, al limite, essere interessante richiedere ai recruiter una valutazione integrata di più informazioni (CV,risultati di test e CV).

  2. Claudio Gasparri ha detto:

    Mi correggo:
    “Poteva, al limite, essere interessante richiedere ai recruiter una valutazione integrata di più informazioni CV, risultati di test e profili FB”

    1. stefanoinnocenti ha detto:

      A mio parere avrebbe invalidato il senso della ricerca. Mi spiego: più che capire se FB può essere “di aiuto”, qui il senso era vedere come vengono inficiati i giudizi utilizzando “solo” FB. Che forse poteva essere anche un risultato intuibile, anche se i tentativi di provare ad utilizzare Facebook per qualunque cosa, con interessi legati prevalentemente al risparmio, non mancano…

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