Gamification, recruiting e “Generation Y”

25 Feb 2014 - Articoli

No, non ho deciso di cominciare a tenere il blog in inglese.

Semplicemente, le tre parole qui sopra saranno il centro di questo post, e della piccola riflessione finale.

Ma andiamo con ordine.

#SRF14

Grazie a FiordiRisorse ho potuto partecipare al Social Recruiting Forum 2014 di Bologna: iniziativa molto interessante, relatori di rilievo, programma centrato sul “futuro” della selezione.

In mezzo a tutto questo, mi ha colpito il ritratto che è stato fatto della “Generazione Y“: i più giovani, che cominciano ad affacciarsi adesso al mondo del lavoro. E che malgrado il mercato “difficile” sembrano presentare tutta una serie di particolarità sia per quanto riguarda la ricerca di lavoro che le modalità di selezione. Ma come ho scritto poco sopra, andiamo con ordine.

“Cercare lavoro? C’è un’app!”

La Generazione Y utilizza molto più gli smartphone ed i tablet rispetto al personal computer, quindi anche le candidature avvengono attraverso questi mezzi. Non ottimizzare il proprio sito per la navigazione da mobile, e non prevedere l’implementazione di applicazioni dedicate significa di fatto “lasciare fuori della porta” tutti i candidati più giovani. Alcune novità di settore permettono di effettuare una candidatura completa in 120 secondi, magari integrandosi con i profili social del candidato.

Come dire: l’epoca dei pazienti inserimenti di dati sui form dei siti aziendali sembra essere giunta al termine. Ora una candidatura può (deve?) essere fatta in qualunque momento, con pochi passaggi di touchscreen.

“Ma una volta candidati?”

Il “linguaggio” dei più giovani sembra essere fortemente influenzato dalle novità tecnologiche: in fondo si tratta di novità solo per gli “altri”, mentre per loro si tratta di uno standard. Le grandi realtà si stanno quindi concentrando sul “ringiovanire” la propria immagine, specialmente quando si tratta di attrarre i talenti appena usciti dall’università: app, icone, grafica e messaggi accattivanti servono per la “talent attraction” ma vengono poi trasferiti in molti altri ambiti. Primo fra tutti la “porta d’ingresso” in azienda: la selezione.

Cercare lavoro diventa un gioco?

Trasformare alcuni aspetti del lavoro (o comunque strettamente connessi al brand che sta selezionando) in un gioco con premi, punteggi e classifiche: questo in breve il risultato della “gamification“. Varie le applicazioni possibili: dal coinvolgere i dipendenti in alcune attività finalizzate alla diffusione dei prodotti e dei progetti della propria azienda fino alla selezione vera e propria.

E se il trend arriva direttamente dagli Stati Uniti, anche da noi alcune grandi realtà cominciano ad utilizzare questa soluzione al posto di “prove” più classiche, magari cercando di rendere “ludici” alcuni aspetti del lavoro che le persone andranno a svolgere.

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“Gamification della selezione” non significa che se fai mille punti a Super Mario Bros ti assumo…

Piccola riflessione

Sicuramente, lo sforzo di quelle realtà che stanno cercando “strade diverse” per attrarre e selezionare i giovani talenti è apprezzabile: in fondo si tratta di rendere il proprio “stile” maggiormente appetibile per le nuove generazioni.

Qualche dubbio, a mio parere, rimane su due aspetti principali: quanto le prove di selezione “ludicizzate” siano effettivamente predittive della futura capacità sul lavoro (anche se è bene ricordare che ogni meccanismo di selezione che segua un criterio, qualunque criterio, è migliore di uno totalmente casuale…) e come verrà vissuto dai neo-assunti il momento di fine della parte “giocosa” e l’inizio del lavoro “vero e proprio”… Perchè Generazione Y o meno, non per tutto c’è un’applicazione.

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