I primi a parlare bene (e male) di un brand? I dipendenti!
8 Apr 2014 - Articoli
“Employee activism”: con questo termine una recente ricerca identifica le comunicazioni in ambito “social” di dipendenti e collaboratori riguardo alla propria azienda.
Ed i dati sono interessanti…
Tutto parte dai social network
Prima di questi strumenti, trovarsi molto bene (o molto male) sul proprio posto di lavoro era un fatto quasi privato. Potevano venire a saperlo gli amici, ma la cosa finiva lì. Ma nel campione preso in considerazione (2300 persone, a livello mondiale) ben l’88% utilizza almeno un social network.
E cosa si fa sui social? Si racconta, anche del proprio lavoro:
Circa il 50% dei dipendenti che hanno partecipato alla ricerca ha condiviso riflessioni ed immagini relative al proprio posto di lavoro: certo, non tutte sono positive. Ma tutte rimangono nel Web, a disposizione di chi le cerca.
Lo studio cerca di individuare anche delle precise “categorie”: la più utile in termini di ritorno d’immagine per il brand è il ProAttivista, che è molto coinvolto, condivide quasi unicamente contenuti positivi e supporta pienamente la propria azienda. Circa il 20% degli intervistati appartiene a questa categoria…
…che non è però l’unica presente. Vengono individuate altre cinque tipologie di “dipendente social”(l’IperAttivista, il PreAttivista, Il ReAttivista, Il Detrattore, Il Dormiente) alcune non esattamente positive per l’immagine aziendale.
“Quindi è molto semplice! Basta assumere soltanto ProAttivisti!”
Non esattamente, no. Il punto è che i “ProAttivisti” non si comprano, ma si creano. Un po’ come dire che saranno più presenti in quelle aziende che se li sono “meritati” dando forte attenzione alla leadership, alle comunicazioni interne, alle politiche delle risorse umane ed alla corporate social responsibility.
E, soprattutto, incoraggiando l’uso dei social per parlare del proprio lavoro…
Tag: brand, digital reputation, employee, employer branding, social media, Social network
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