E se alcune offerte di lavoro ti venissero nascoste?
12 Set 2016 - Articoli
Trovare i candidati “nascosti”, ovvero coloro che non stanno attivamente cercando lavoro, è sempre stato un problema per i selezionatori: puoi pubblicare quante offerte vuoi, ma ovviamente non ti risponderanno mai.
Per contro, spesso quando si pubblica è necessario fare i conti con le candidature “sbagliate”: in molti risponderanno all’annuncio pur essendo privi dei requisiti essenziali.
Un problema per cui non c’è soluzione?
Ho letto con interesse la storia di una madre di tre figli che non stava attivamente cercando lavoro… ma che si è vista comparire l’offerta “perfetta” direttamente nella propria bacheca di Facebook, e dopo pochi giorni era stata assunta.
Magia? No, più semplicemente potenza di Facebook Ads.
Come racconta la recruiter Emily Richards, fondatrice della società Human Connections Group, il target a cui mostrare l’offerta di lavoro era stato esattamente definito grazie a Facebook Ads e con l’irrisoria spesa di 14 dollari circa 10.000 candidati hanno potuto visualizzare l’offerta.
Tutti contenti allora?
Candidati che trovano il lavoro perfetto, recruiter che ricevono soltanto c.v. in linea e risparmiano sulla pubblicazione delle offerte… Dov’è il problema?
Purtroppo, il meccanismo usato per definire il pubblico a cui verrà destinato uno specifico annuncio permette forti discriminazioni, ben oltre il limite consentito per legge.
[L’autrice dell’articolo originale si è spinta anche oltre, proponendo una offerta di lavoro fortemente discriminante… che è stata prontamente accettata e pubblicata].
Mi direte che la discriminazione nelle offerte di lavoro esiste da sempre, e vi risponderò che è anche illegale: qualunque sia la decisione finale, l’offerta di lavoro deve, per legge, essere “per tutti”.
Questa “nuova” modalità sembra permettere l’aggiramento della questione: solo determinati gruppi di candidati potranno vedere l’offerta, e di conseguenza rispondere.
Un problema comune
La storia parla di Facebook Ads, ma tutti i social hanno la possibilità di mostrare determinati contenuti solo a determinate persone sulla base dei dati inseriti spontaneamente o “ricavati” dagli elementi condivisi dagli interessati sulle piattaforme stesse.
A questo punto è necessario considerare che nessuno strumento è discriminante “per natura”, e che tutto dipende dall’uso che ne viene fatto dai professionisti di settore: esattamente come per le modalità di selezione classiche, è veramente difficile accertarsi che nella selezione effettuata non abbia giocato un ruolo anche una parte di discriminazione. E difficilmente si potrà prescindere dalla serietà e professionalità dello specialista incaricato della ricerca.
Tuttavia, con il recruiting che diventa sempre più social forse è il caso porsi qualche domanda.
Voi ad esempio cosa ne pensate? Possibile supporto al lavoro dei recruiter o nuova “trovata” che permette di aggirare la legge?
Tag: candidati, discriminazione, Facebook, recruiter, ricerca lavoro, Social network, social recruiting
Beh in realtà la questione secondo me è molto grigia… 😀 Se definisci un pubblico molto ristretto per gli annunci di Facebook…lui comunque non sarà così rigido nel mostrare il contenuto a chi non rientra nel target selezionato, non penso tanto a livello geografico, ma per interessi, posizione, età sesso ecc. Mi è capitato più volte di verificare questo in modo empirico…motivazione? Secondo me semplicemente economica…per farti comunque spendere la cifra che hai investito. Se viceversa l’audience prestabilita copre ampiamente il budget che hai destinato, allora si presume che si verifichi la potenziale “discriminazione” cui fai riferimento..
Peccato che il Italia il lavoro va in maggioranza per conoscenza: inutili cv o master o chi ne ha più ne metta! Vige lo stato di parentela stretto.