Gestire l’ansia del capo in tempi di quarantena
16 Apr 2020 - Articoli
La quarantena prosegue, e superate le prime difficoltà tecniche ed organizzative cominciano a farsi pressanti altre tipologie di problematiche, forse impreviste…
Alcuni manager segnalano di aver incontrato una nuova difficoltà nell’epoca dello smart working forzato, riassumibile con la domanda “quanto la mia presenza è necessaria, e quando diventa eccessiva?” Stiamo tutti imparando modi necessariamente nuovi di lavorare, e la domanda legata al quanto e quando confrontarsi con le persone del proprio team non è banale.
“Hanno bisogno di me, e devo esserci sempre!”
Se questo era tendenzialmente vero nei primi giorni dell’emergenza, adesso che siamo in uno stato di nuova “normalità” l’eccessiva presenza potrebbe essere percepita dal collaboratore come scarsa fiducia nelle sue capacità, o addirittura come un elemento di controllo non proprio giustificato (“ma non sarà che teme non faccia niente tutto il giorno?”)
Magari da molti manager la maggiore presenza è stata attivata come un preciso segnale di attenzione e disponibilità verso il team ma adesso il rischio è quello di esagerare, anche perché la disponibilità certa del collaboratore potrebbe facilmente portare ad un contatto costante dannoso sia per lo svolgimento delle normali attività che per la gestione dei tempi di lavoro… per non parlare dell’umore del collaboratore stesso.
“Mi cerca in continuazione, non ne posso più!”
Perdere la compresenza in ufficio ha come risultato il non poter più “vedere” quanto sia impegnato l’altro, per non parlare delle ridottissime capacità di valutare se sia il momento buono per parlargli di “quella” specifica situazione: il rischio è che qualcuno sia sottoposto ad un bombardamento di richieste, che quando arrivano dall’alto non possono che essere classificate come urgenti. Magari il capo, che sta a sua volta affrontando una buona dose di problemi, si sente in dovere di coinvolgere tutti in nuove e fantasmagoriche idee pensate per prepararsi al futuro, un po’ per “tenere alto il morale della truppa” ed un po’ per evitare che qualcuno si rilassi eccessivamente… rischiando così di andare a stroncare del tutto una operatività quotidiana già compromessa, nei modi e nei tempi, dalla situazione operativa di emergenza.
“E se la soluzione la cercaste insieme?”
Cosa fare se riconoscete i “sintomi” descritti sopra nel vostro capo, o se da manager vi siete già diagnosticati un brutto caso di ansia da remote working? Premesso che nella situazione attuale qualche piccola problematica è perfettamente comprensibile, alcune soluzioni le possiamo sicuramente evidenziare…
1 – Comunicate: placate l’ansia del capo trasmettendo in maniera chiara che, anche senza la sua vigile sorveglianza, il lavoro procede bene ugualmente (forse meglio). Ricordate che a sua volta anche il vostro capo sarà bombardato da stimoli contrastanti e da richieste ansiogene, e cercate di assicurarvi che il vostro messaggio tranquillizzante sia stato recepito senza sentirvi subito “presi di mira”. Per il capo: cercate di trasmettere al team le informazioni utili al lavoro, coinvolgendo nei progetti le persone che vi sono necessarie… ma senza esagerare. Conoscete bene capacità e limiti di ogni collaboratore: date loro modo di esprimere le prime e lavorare sui secondi con un minimo di calma.
2 – Proponete: non lasciate il vostro capo da solo, o rischierà di diventare una fucina di nuove attività dalla dubbia utilità che presto dovrete svolgere con urgenza. Fate a vostra volta proposte per questo momento davvero buio: non sempre verranno accolte, ma almeno si sentirà un po’ meno solo. Inoltre, la contaminazione delle idee potrebbe effettivamente produrre risultati. Per il capo: cercare soluzioni per i nuovi problemi è necessario. Accettate però di non poter risolvere tutto subito. No, fare riunioni con un numero maggiore di partecipanti non è la risposta. Nel dubbio, affidatevi alle vostre persone: sarà anche un’ottima occasione per farle “crescere”.
3 – Condividete: Non una copia del primo punto, ma forse un inciso del secondo… Potrebbe essere utile organizzare dei momenti di confronto non tematici: non delle call (per carità, quelle già abbondano…), piuttosto dei momenti in cui dirsi un pochettino di tutto, consapevoli che il risultato che il team raggiunge non dipende solo dalle singole azioni e che l’elemento relazionale ha un peso rilevante nel lavoro di squadra. Per il capo: vale la stessa indicazione, ma se l’idea parte da voi ricordate di specificare che la partecipazione è facoltativa e non obbligatoria, per non far sembrare che si tratti semplicemente di un ulteriore carico di lavoro. Con i più restii, cercate comunque di trovare occasioni di confronto “informali”: tutti abbiamo bisogno di confrontarci un po’, specialmente adesso.
Cosa ne pensate, di questi suggerimenti? Forse non risolveranno tutti i problemi, ma potrebbero portare a qualche soluzione… E prima di applicarli, un piccolissimo spoiler: ricordate sempre che anche il vostro capo ha a sua volta un capo!
Nota: questo post nasce da alcune “riflessioni d’aula” fatte negli ultimi giorni con manager e collaboratori… a riprova che la formazione, anche adesso, non si ferma!
Tag: ansia, collaboratori, comunicazione, manager