Il curriculum che hai mandato? Lo sta leggendo un robot!
19 Nov 2013 - Articoli
Forse non tutti avranno sentito parlare degli Applicant Tracking System, software utilizzati per gestire le necessità degli uffici Risorse Umane per quanto riguarda la pubblicazione delle offerte di lavoro e la gestione delle candidature.
Ed anche come supporto alla fase di selezione: basta inserire i dati relativi al “candidato perfetto”, premere “invio” e… se è presente nel database aziendale, l’ATS lo troverà. Al recruiter basta solo alzare il telefono e invitarlo per un colloquio.
Tutto questo, in teoria.
Nella pratica, il meccanismo funziona sulla base dei “check” riscontrati nel c.v. del candidato per la posizione specifica: gli anni di esperienza sono sufficienti? Gli studi sono quelli “giusti”? Ha le competenze “trasversali” che servono?
Oltre a non essere molto flessibile (ma probabilmente inevitabile, quando si tratta di dover gestire qualche migliaio di candidature al giorno come succede alle “big company”) questa soluzione presenta anche un altro problema: se il curriculum del candidato non è scritto in modo da “piacere” alla macchina, non verrà mai “segnalato”. Indipendentemente da quanto possa essere “buono” il suo profilo.
Mi sono imbattuto qualche giorno fa in questo articolo che spiega alcuni “punti chiave” da tenere presenti nella stesura del proprio c.v.:
1) Utilizzare per la scrittura del c.v. dei font standard, comunemente leggibili da ogni tipo di browser web;
2) Inserite le informazioni di contatto bene in vista, ma non in una intestazione;
3) Riportate i dati essenziali sulla vostra professionalità in dei punti-elenco, utilizzando le parole chiave già presenti nella job description;
4) Parlando delle esperienze di lavoro precedenti, utilizzate il formato standardizzato “nome datore lavoro” -> “posizione ricoperta” -> “date di inizio e fine”. Niente “finezze”, potrebbero risultare indigeste;
5) No alle informazioni inserite in tabelle, no alle infografiche: le “macchine” potrebbero avere difficoltà a leggerle;
6) No al formato .pdf, in alcuni casi potrebbe essere scartato a priori come “non leggibile”;
7) Sì ai curriculum lunghi, anche più di due pagine [suppongo che “maggiore spazio” equivalga in questo caso a maggiori “risultati” nella ricerca effettuata per parole chiave, e quindi ad una migliore adesione del profilo alla ricerca];
Se il primo screening con questo HR vi è sembrato difficile, immaginatevi il colloquio…
Ma… sembra strano solo a me?
Riassumendo, un curriculum vitae “perfetto” per uno screening via ATS risulta quindi fortemente schematico, un po’ impersonale, costellato di termini di largo utilizzo, privo di ogni “abbellimento” grafico e possibilmente piuttosto lungo.
Esattamente il contrario di quanto invece richiesto dai “dettami” del personal branding, che puntano invece a far “emergere” il candidato con c.v. discorsivi, brevi e di impatto, magari accompagnati da qualche elemento grafico per “spiccare” meglio rispetto alla massa.
Per chi scrivere
A mio parere, non può esistere la “soluzione perfetta”: le due modalità sono quasi perfettamente contrarie. E se è vero che gli ATS si stanno diffondendo anche fuori dalle “big company” (motivo principale il risparmio di tempo ed energie, con una notevole riduzione del fabbisogno di stagisti dedicati unicamente all’alimentazione del database aziendale) è vero anche che, prima o poi, il c.v. verrà letto da un umano. O almeno si spera.
Strade diverse
L’unica soluzione praticabile sembra essere quella di calibrare con attenzione la propria strategia di candidatura: candidatura per posizione generalista, magari attraverso il sito aziendale? Via col c.v. “per robot”. Contatto diretto con il recruiter, attraverso il network personale? Avanti con il curriculum “per umani”. Nel dubbio, provare sempre a seguire tutte le strade disponibili: potete sempre creare più curriculum, per le diverse occasioni.
L’importante è che vi facciano arrivare al primo colloquio.
Tag: Applicant Tracking System, candidati, curriculum, personal branding, recruiting, selezione
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