Reputazione Digitale: dove finisce la macchina, e comincia la persona

23 Giu 2013 - Articoli

Qualche giorno fa un amico, stimato professionista IT, pubblica su Facebook un commento piuttosto arrabbiato diretto a quei recruiter che “selezionano sulla base della foto sui social”.

Incuriosito, decido di approfondire.

Ne viene fuori non sorprendentemente una visione distorta del concetto di “reputazione digitale”, e a me viene da chiedermi quando ne sia responsabile la diffusione di alcuni concetti alla base di questa tematica in maniera poco meno che sensazionalistica.

Tutti, volenti o meno, abbiamo identità digitali in questo momento storico: mentre è vero che informazioni in più su di un possibile candidato possono sempre essere interessanti, non mi fa piacere che la categoria dei recruiter venga dipinta come una specie di legione di automi pronti a cestinare candidature (magari buone) per via di un semplice “errore di immagine” sui SN.

Per spiegarmi meglio vi invito a guardare questo video pubblicato da Adecco  .

Alcuni consigli sono sicuramente validi, specialmente per quanto riguarda Facebook: attenzione a cosa pubblichi, a chi lo può visualizzare, a chi può “taggarti” in determinate foto.

Sono un po’ più perplesso rispetto alla parte del Google Alert: nel video funziona tutto benissimo, ma di fatto se provate a cercare “Stefano Bianchi” avrete una mole di dati tale da richiedere il lavoro di mille recruiter per mille anni prima di “scovare” il candidato (e tra parentesi, pur apprezzando lo stile leggero del contributo, la recruiter che al sabato mattina non ha niente di meglio da fare dello stalking alle foto dei candidati su Facebook mi ha davvero fatto sorridere).

Messaggio per i candidati – 1: un recruiter, un buon recruiter, non è un automa. Certo, deve capire se siete la persona giusta per una determinata ricerca e sì, sarà interessato alla totalità della persona (giustamente) e non solo agli aspetti lavorativi. Questo non toglie che sempre di un umano stiamo parlando, e non di una macchina: sarà quindi imperfetto, e sottoposto a pregiudizi.

Pregiudizi di cui sarà consapevole, e se è un buon professionista avrà a sua disposizione anche gli strumenti per bilanciarli. Poi, a richiesta, ogni operatore del settore può raccontarvi qualche storia di candidature scartate per i motivi più improbabili: ma appunto una ricetta specifica per poter “piacere” a tutti non c’è. Facciamocene una ragione, e confidiamo nella professionalità di chi sta dall’altra parte della scrivania. 

Messaggio per i candidati – 2: relativamente all’utilizzo dei SN, un poco di attenzione è sempre utile. Attenzione ad avere un profilo completo su LinkedIn, che ovviamente corrisponda ai dati reali presenti sul curriculum. Attenzione a non inserire dati “troppo sensibili” su Facebook, anche perchè non sempre c’è la garanzia che rimangano privati. 

Ad esempio, vi ho appena esposto tra le righe un mio pregiudizio: sono convinto che per un candidato il profilo LinkedIn sia necessario, quello di Facebook no. Sono consapevole del fatto che questa è unicamente la mia idea, ma di fatto si tratta anche di due strumenti nati per finalità diverse e che per finalità diverse dovrebbero essere utilizzati.

E spero davvero che molti colleghi recruiter condividano questa valutazione.

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